LE RICERCHE
Affascinati dalla scultura abbiamo avviato le ricerche per capirne la storia. Trovammo una foto pubblicata sul “Corriere della sera”, un’immagine parziale di un mosaico attribuito a Lucio Fontana. Sembrava avere delle fortissime analogie con la nostra opera. Indagando scoprimmo che si trovava in provincia di Brescia, all’interno di villa Tassara, nella piccola cittadina di Breno.
I Tassara sono stati dei grandi industriali nel settore siderurgico, in poche parole la città di Breno si era sviluppata intorno alla loro gigantesca fabbrica. Quando nel 1954 ci fu la ristrutturazione della villa, l’intero progetto venne affidato a Osvaldo Borsani, che vi fece lavorare all’interno Agenore Fabbri, Adriano Spilimbergo e soprattutto Lucio Fontana. La famosa Medusa in mosaico, ora alla fondazione Prada, fu eseguita e collocata proprio in questa villa. Abbiamo contattato l’attuale proprietario, il Dr. Murachelli, farmacista del paese. Nonostante un’iniziale diffidenza nei nostri confronti, grazie alla passione comune per l’arte ci ha permesso di visitare la casa che Murachelli ha mantenuto e conservato come raro esempio di design anni ’50: era come essere catapultati indietro di 70 anni. Sono ancora intatti tutti bagni con i loro sanitari e accessori straordinari. Le piastrelle sono dipinte a fuoco da Adriano Spilimbergo. Un’enorme vetrata dipinta e firmata “ABV Adriano Spilimbergo” divide in due la sala da pranzo. La cucina in formica rossa di Borsani è un vero e proprio capolavoro, gli sportelli aprendosi accendono lampade al neon originali anni ’50, il tavolo tondo in palissandro di Borsani ha sotto il piano i comandi elettrici per le specifiche pietanze: in cucina accendono un pannello con spie luminose. All’ingresso sulla sinistra c’è una nicchia rivestita di sassolini bianchi.
Lì si trovava la Medusa, retroilluminata da luci al neon. Si notano ancora i segni delle staffe che la reggevano.
Salendo le scale ci si trova davanti a uno spettacolo affascinante: una parete di 580 cm ricoperta da un mosaico.
Le tessere e lo stile sono identici alla nostra opera.
Delle enormi vetrate di Borsani ruotando fanno intravvedere lo studio dove sarebbe stata collocata la nostra opera.
Sulla parete sono ancora presenti le staffe metalliche che avevano il compito di sorreggerla.
Queste staffe non potevano che essere la predisposizione ad una consolle pensile, arredo tipico della produzione Borsani.
Sopra la linea dell’ipotetico piano lo spazio è perfetto per il nostro mosaico: 350 x 245 cm lo spazio disponibile, 300 x 225 cm il mosaico. È evidente che questa doveva essere la destinazione finale. Collocato nello studio sulla parete di sinistra permetteva di vedere contemporaneamente il mosaico della scala, il mosaico dello studio e il soffitto dipinto a fresco da Fontana.